5 motivi per cui dovremmo tutt* ascoltare il nuovo album di St. Vincent
“Daddy’s Home” è fuori ora!
Scritto da: Lucia Addona
A quattro anni da “Masseduction”, disco che le è valso due Grammy, Annie Clark in arte St. Vincent, ha pubblicato il suo nuovo album in studio chiamato “Daddy’s Home”. Anticipato da un post che ci invita a rilassarci e lasciarci trasportare nella New York degli anni ‘70, Annie dà il via a questa nuova era con lo stile che l’ha sempre contraddistinta. Un’artista che ha saputo sempre reinventarsi e mai ripetersi ma soprattutto che non ha mai avuto paura di osare. Questo album è uno dei dischi più personali per St. Vincent perché è ispirato al rilascio dalla prigione di suo padre, dopo 9 anni per frode. Ha iniziato a scrivere nuovi brani proprio nel 2019, anno in cui il padre è tornato a casa, usando la musica come vera e propria terapia, riuscendo così ad affrontare il suo passato grazie al potere del rock. Nel periodo di processo creativo, Annie ha infatti rispolverato i vinili con cui è cresciuta, quelli che suo padre le faceva ascoltare da piccola, ovvero musica fatta e registrata nella dowtown New York tra il 1971 e il 1975. Quindi non è certo una sorpresa se possiamo trovare chiari riferimenti a David Bowie, Sly and The Family e Pink Floyd. L’album è stato preceduto da tre singoli: il primo “Pay Your Way In Pain” e il secondo “The Melting Of The Sun” sono stati entrambi già suonati live durante l’ospitata di Annie al Saturday Night Live, mentre qualche giorno fa ha pubblicato anche un terzo brano “Down”, accompagnato da un video musicale.
Ma per quali motivi dovremmo schiacciare subito play?
1. È uno dei dischi più intimi mai scritti da St. Vincent
Come abbiamo detto è ispirato al ritorno a casa del padre, e anche se non è l’unico tema trattato nelle canzoni, grazie a questo ci lascia vedere un lato di sé che non aveva mai fatto trasparire prima. Quindi “Daddy’s Home” non tratta solo la rabbia intergenerazionale padre-figlia, ma ce n’è abbastanza da far intitolare l’intero disco a questo argomento. La sua assenza per quasi un decennio ha avuto impatto su tutta la famiglia e su Annie in particolare, che afferma: “le persone crescono. Preferirei raccontare io la mia storia, e il fatto che mio padre sia uscito di prigione è un buon punto di partenza, no? Volevo raccontarla con un pizzico di umorismo e compassione”.
2. È ambientato nella New York anni ‘70
Annie ha passato molto del 2020 a fare avanti e indietro tra la sua casa a Los Angeles e la sua casa di famiglia in Texas. La scelta di ambientare il disco in quell’epoca Newyorkese è stata dettata dal fatto che in quel periodo, dal downtown all’uptown, il glamour, il rock e il bourbon erano all’ordine del giorno: “Daddy’s Home raccoglie storie ispirate al girare squattrinato per downtown NYC. I tacchi della sera prima sul treno della mattina. Glamour che hai indossato tre giorni fa e tieni ancora su”, afferma l’artista.
3. Le chitarre
St. Vincent è una dei migliori chitarristi in circolazione, il suo modo di suonare è subito riconoscibile, segno solo degli artisti più talentuosi. Ma è anche la prima musicista a creare una chitarra dalla forma perfettamente adattabile alla corporatura femminile. Grazie alla partnership con la Ernie Ball Music Man è nata la sua signature guitar (di cui potete ammirare l’ultimo modello nel video qui sotto). “È uno strumento romantico per me […] nel senso che lo trovo estremamente affascinante. Ho sempre guardato agli strumenti come metodo per esprimermi. Ma è utile solo quando riesci a parlarci attraverso. Volevo creare qualcosa che, basata sui miei anni a suonare la chitarra, potesse cambiare un po’ le carte in gioco e aggiungere qualcosa in più. Credo che le chitarre abbiano energia e puoi suonarle in tanti modi diversi. Lo sento”. Parlando delle canzoni del disco ha infatti aggiunto “molto di tutto questo è una conversazione tra gli strumenti, nient’altro. Solo persone brave a suonare che suonano musica.”
4. È prodotto da Jack Antonoff
Come per Masseduction, anche per questo disco St. Vincent si è affidata ad uno dei produttori e musicisti migliori in circolazione. Jack Antonoff (Lana Del Rey, Lorde, Taylor Swift e tantissimi altri) ha sperimentato insieme ad Annie con strumenti dell’epoca per riuscire a creare un sound più autentico possibile. Ma come se questo non bastasse, il disco è stato registrato nei leggendari Electric Lady Studios di New York, fondati da Jimi Hendrix. Qui sono stati incisi capolavori di tantissimi altri artisti quali John Lennon, David Bowie, Led Zeppelin, Rolling Stones, Patti Smith, Guns n’ Roses e molti altri.
5. La reputazione di St. Vincent e il sostegno dei colleghi
nella sua carriera, Annie ha collaborato con tantissimi artisti importanti, dalla pubblicazione di un disco con David Byrne dei Talking Heads, alla benedizione di Sir Paul McCartney (con cui ha collaborato per McCartney III), fino all’esibizione durante il benefit della recente reunion dei Nirvana con Dave Grohl, Kris Novoselic e Pat Smear. Grande amica di Dave, potete infatti anche ritrovarla nel recente docu-film “What Drives Us”. Ultimo ma non ultimo il duetto con Dua Lipa ai Grammys del 2019, il tutto continuando a pubblicare materiale originale e sempre innovativo.
Servono davvero altri motivi?